Eurocodice 5 Guida Tecnica Situazione Normativa
Al momento in cui si scrive (Aprile 2006) la situazione delle normative non è ancora chiara. Ci sono una serie di documenti che possono fungere da riferimento, questi sono:
Addendum 2008: Sono ora disponibili le norme NTC2008.
Addendum 2018: Sono ora disponibili le norme NTC2018.
Le norme NTC 2008 e 2018 sono sostanzialmente allineate con l'Eurocodice 5.
A questa lista occorre aggiungere la versione 1993 dell’EC5 (la cosiddetta versione ENV), che è peraltro l’unica versione dell’eurocodice presentemente tradotta in italiano. Tale versione è superata e non dovrebbe essere usata come riferimento. Stabilito che per le strutture in legno le NTC sono inservibili in sé ed in contrasto con le altre (anche se sono le uniche norme formalmente emanate!), la scelta sembra essere limitata tra documento NICOLE ed Eurocodice, peraltro molto simili. Le due norme differiscono almeno per quanto è indicato nella tabella seguente, integralmente tratta dal documento [3], che illustra la proposta di applicazione nazionale dell’Eurocodice 5, tuttora in fase di inchiesta pubblica. Tabella 0-1 Comparazione tra i documenti normativi emessi e relativi alle strutture in legno.Tratta da [3].
In questo lavoro si è scelto di riferirsi principalmente al testo dell’Eurocodice 5, poiché tale testo è un documento europeo sul quale vi è stato un ampio accordo. Citiamo infatti da [3]:
Data la sostanziale somiglianza tra l’approccio proposto da Eurocodice 5 e dal documento Nicole, il programma di verifica è stato approntato per entrambe le normative. Per quanto riguarda le NTC 2005, anche queste sono state approntate, intendendole come un insieme di correzioni al metodo generale di EC5 (vedremo dove) che però resta sostanzialmente invariato.
Modalità di calcolo Premessa
L’Eurocodice 5 è una norma basata sul metodo degli stati limite. Invero, per lunga tradizione, il metodo delle tensioni ammissibili continua a mantenere la sua importanza, e gli stessi normatori dichiarano che (cfr. [3]) Nel caso delle norme per il legno, in verità, l’esistenza di metodi tradizionalmente consolidati basati sul calcolo delle tensioni ha lasciato più che altrove tracce visibili. Quando parleremo dei domini di resistenza, sarà messa in luce una certa anomalia delle formule di verifica, anomalia dovuta, secondo chi scrive, al non completo distacco dall’antico metodo delle tensioni ammissibili. Il cuore del problema è che le formule di verifica dovrebbero essere formule riferite a domini limite sulla sezione, e non al calcolo di tensioni (o indici di cimento) nel singolo punto. Poiché però questi domini limite sono ancora espressi mediante tensioni, può sorgere il ragionevole dubbio di dover usare tensioni nel punto piuttosto che azioni interne globalmente agenti sulla sezione della membratura. Il metodo degli stati limite è dettagliatamente codificato, e comporta da un lato l’amplificazione dei carichi attesi, dall’altro la riduzione delle resistenze. Per prima cosa occorrerà mettere a punto un certo numero di combinazioni di verifica adottando le regole di combinazione degli Eurocodici. L’argomento si presta ad una certa confusione, spesso favorita da formule scritte in maniera scorretta sia nelle norme che sui libri. Si ritiene pertanto utile dedicare a questo problema una successiva sezione in modo da fare un po’ di chiarezza su alcuni aspetti fondamentali. Il modello di calcolo da adottare è nella maggioranza dei casi un modello doppiamente lineare: lineare come modello costitutivo per il materiale e lineare per l’ipotesi di piccoli spostamenti che consente di non avere la cosiddetta “non linearità geometrica”. In altre parole normalmente non è necessario tenere in conto il fatto che la vera configurazione di equilibrio non è quella “iniziale” ma solo quella raggiunta dopo aver applicato il carico. Le forze applicate, infatti, possono provocare effetti non correttamente valutati usando la configurazione iniziale come riferimento. Un classico esempio è quello della colonna pressoinflessa: il braccio acquisito dalla forza assiale dopo la flessione può portare a flessioni ulteriori (effetto P-Δ, “pi-delta”) con incremento dei momenti flettenti rispetto a quelli valutati nella configurazione indeformata. L’EC5 non dà precise indicazioni quantitative per decidere se usare un approccio totalmente lineare (calcoli del primo ordine privi di non linearità geometrica) o se usare calcoli del secondo ordine (ovvero calcoli che considerino la non linearità geometrica). Occorrerà quindi valutare se usare un approccio del secondo ordine sulla base dei risultati di deformabilità ottenuti mediante una analisi “normale”, e mediante regole di buona pratica ingegneristica come il controllo di spostamento e la stima degli effetti “del second’ordine”.
Stati limite Inquadramento
Il metodo di calcolo proposto dall’Eurocodice 5 è come si è detto un metodo di calcolo basato sugli stati limite. Non è questa la sede per una dettagliata esposizione del metodo semiprobabilistico agli stati limite, qui basti riepilogare le idee fondamentali, rimandando ad altri testi i necessari approfondimenti. La struttura deve essere verificata sia per gli stati limite di servizio che per gli stati limite ultimi. Negli stati limite di servizio si verifica che gli spostamenti attesi sulla struttura siano compatibili con certe prefissate soglie di spostamento massimo. Nel calcolare questi spostamenti si deve tenere in conto sia l’effetto dello scorrimento delle unioni, sia l’effetto della viscosità, che aumenta con l’aumentare della umidità media dell’ambiente ove si trova la struttura (classe di servizio). Devono altresì essere verificati i livelli delle vibrazioni attesi sulla struttura. Negli stati limite ultimi occorre verificare la struttura, in tutte le sue parti, all’equilibrio globale e parziale, alla resistenza ed alla stabilità, mettendo in conto tutte le possibili azioni interne e tutte le possibili modalità di instabilità. Una particolare cura va adoperata nel sincerarsi che la struttura possa essere calcolata con metodi del primo ordine, in caso contrario occorrerà risolvere un problema di tipo nonlineare. Nella verifica agli stati limite ultimi le azioni vengono opportunamente amplificate e le resistenze opportunamente ridotte. Le azioni aventi una origine fisica comune e statisticamente pienamente correlate sono raggruppate in casi di carico. Il valore delle azioni di riferimento è ottenuto in vario modo a seconda della origine fisica delle azioni. Per le azioni naturali esistono studi di tipo statistico, per quelle permanenti si usano spesso valori nominali. In tutti i casi il metodo richiede, in linea di principio, di impiegare valori cosiddetti caratteristici, ovvero valori che hanno una certa prefissata piccola probabilità di essere superati. In genere si usano valori caratteristici corrispondenti alla probabilità del 5% di essere superati. I carichi caratteristici sono indicati da un pedice “k”, ad esempio Gk. Nelle combinazioni di carico le azioni vengono considerate concomitanti e amplificate da fattori che tengono in conto possibili errori o imprevisti. Alle creazione delle combinazioni, un argomento non semplice, è dedicata la prossima sezione 2.3. Vediamo ora cosa succede sul lato delle resistenze. Anche sul lato delle resistenze si definiscono dei valori caratteristici, indicati col pedice k, ad esempio Rk. In questo caso si tratta di valori che hanno una ridotta probabilità di essere maggiori dei valori effettivi, mentre hanno il grosso della probabilità (generalmente il 95%) di essere minori dei valori effettivi. Nel metodo degli stati limite, generalmente le resistenze caratteristiche vengono divise per opportuni coefficienti di sicurezza γM, atti a tenere in conto tutte le possibili circostanze sfavorevoli, in modo da pervenire a resistenze di progetto – indicate dal pedice “d”, design – Rd: ý0-1 Nel caso delle strutture in legno questa relazione generale viene ulteriormente corretta per aggiungere un nuovo fattore minore di 1, che prende il nome di Kmod, il quale riduce ulteriormente le resistenze per tener conto dell’ambiente nel quale si trova ad operare la struttura, ambiente che può portare a ben differenti prestazioni il medesimo materiale. La regola che fa passare dai valori caratteristici a quelli di progetto è pertanto la seguente: ý0-2 La regola, sebbene meno nota, è un caso generale previsto esplicitamente nell’Eurocodice 0, [9], nella seguente forma Per il coefficiente η viene detto:
“η è il valor medio del fattore di conversione che tiene in conto effetti di volume e di scala, effetti dell’umidità e della temperatura e ogni altro parametro rilevante.” Nel successivo paragrafo 2.4.5 verrà chiarito che valori assumere per il coefficiente Kmod.
Eurocodice 5
Il valore del coefficiente γM è evidentemente molto importante, poiché è una misura del grado di confidenza che il normatore ha nei riguardi del materiale, e penalizza direttamente le sue caratteristiche resistenti. L’Eurocodice 5 fissa i seguenti valori per γM:
Nelle combinazioni accidentali (ad esempio le combinazioni sismiche) il valore di γM viene posto eguale ad 1. Al momento non esiste ancora un documento nazionale approvato a recepimento dell’Eurocodice 5, quindi questi valori sono solo indicativi. Il documento NICOLE propone valori identici.
NTC
Relativamente alle NTC 2005 [1] va detto che per esse il coefficiente γM vale sempre e comunque 1.35.
Tali norme non seguono però l’approccio formale dell’Eurocodice 5 e modificano la relazione classica degli Eurocodici, si immagina all’unico fine di creare confusione, nel seguente modo: ý0-3 Ovvero ý0-4
I valori di γR,D sono forniti insieme a quelli per Kmod, nel par. 2.4.5, infatti, per comprendere come assegnare il valore di Kmod (e di γR,D) occorre prima introdurre le classi di servizio e la durata dei carichi, cosa che sarà fatta nella sezione relativa al materiale legno 2.4. Come si può ben comprendere il diverso formalismo introdotto dalle NTC non modifica l’impianto sostanziale fornito dall’Eurocodice 5, ma si limita a confondere un po’ le acque. Di fatto è possibile fare dei calcoli in aderenza alle NTC semplicemente usando l’impianto generale dell’ EC5, ma ridefinendo i valori di γM e di Kmod in modo che questi sposino le richieste delle NTC in termini di resistenze di progetto. Tale è il metodo seguito dal software allegato nel CD.
Introduzione alla modellazione del materiale legno Alcune peculiarità del materiale legno
Il legno non è un materiale isotropo, né elastico, né omogeneo. Il comportamento del legno dipende da una moltitudine di fattori, tra i quali enumeriamo brevemente, ai nostri fini, principalmente i seguenti:
Sensibilità ai difetti
Il materiale legno è un materiale biologico e pertanto intrinsecamente dotato di irregolarità di varia specie. Tali irregolarità (mancanza di rettilineità, presenza di nodosità, fessurazioni, inclusioni, legni di reazione ecc., cfr [6]) contribuiscono certamente a modificare anche le proprietà meccaniche. A questi difetti di natura endogena si sommano difetti causati da agenti esterni al legno (e quindi di natura esogena), tipicamente attacchi da parte di insetti, batteri funghi e microrganismi in genere (attacchi biotici) e attacchi dovuti ad agenti chimici o chimico-fisici presenti nell’ambiente (attacchi abiotici). Nonostante ciò il legno è un materiale da costruzione che presenta numerosi indiscutibili vantaggi, come un favorevolissimo rapporto tra resistenza e peso, e valori di resistenza anche molto significativi. Può forse risultare sorprendente che, nonostante tutte le cause che rendono il legno così poco omogeneo, e comunque di così complesso studio, il Normatore abbia scelto di assegnare al fattore γM, vero e proprio termometro della fiducia attribuita al materiale da parte della collettività, valori comunque ben più bassi (1.25-1.35), e quindi più favorevoli, di quelli attribuiti al calcestruzzo (1.5-1.6). A tale riguardo è utile la seguente osservazione, tratta da [3]:
Si vede quindi che il fatto di adoperare legni identificati non già semplicemente dalla loro specie botanica (abete, castagno, ecc.) ma soprattutto e fondamentalmente da sigle normate aventi il significato di “classe di resistenza” valutata a priori mediante prove ben specifiche (C30, C24, GL28h, ecc.) ha la fondamentale funzione di scartare a priori tutta una rilevante parte di incertezze, pervenendo quindi a dettagliare materiali che sono già stati assoggettati a sostanziali controlli di qualità. Nonostante ciò, la presenza di difetti resta un elemento importante nella valutazione quantitativa convenzionale delle resistenze di un legno. Sulla base di risultati sperimentali e studi condotti a partire dagli anni ’40, si è compreso che la presenza di microdifetti o piccoli intagli all’interno della matrice di un qualsiasi materiale, dà luogo a concentrazioni degli sforzi che possono innescare fratture che tendono poi a propagarsi. Poiché la presenza di tali difetti è tanto più probabile quanto più elevato è il volume del materiale allo studio, risulta qualitativamente comprensibile penalizzare i volumi maggiori, o, in alternativa, premiare i volumi minori mediante correzioni delle resistenze caratteristiche valutate, nel primo caso con provini di piccolo volume, nel secondo caso con provini di volume maggiore. Ad esempio nel caso dell’acciaio, le norme prevedono una diminuzione delle tensioni limite di riferimento nel caso in cui gli spessori superino certe soglie (tipicamente 40 mm). Normalmente le prove sono eseguite con spessori minori di 40 mm. Nel caso del legno avviene il viceversa: l’Eurocodice 5 premia, mediante un incremento della resistenza caratteristica, i volumi di legno inferiori a una certa soglia, individuata dalla dimensione trasversale. In particolare risulta per il legno massiccio la seguente regola di modifica della tensione caratteristica a flessione fmk: fmkmod=khfm Il fattore kh dipende dal tipo di legno e dalla dimensione della sezione. Per sezioni in legno massiccio, con densità caratteristica inferiore a 700Kg/mc, ove l’altezza della sezione inflessa sia minore di 150 mm, la tensione caratteristica a trazione può essere amplificata del fattore Per sezioni di legno lamellare, ove l’altezza sia minore di 600 mm, la tensione caratteristica a trazione può essere amplificata del fattore
Sensibilità alla umidità dell’ambiente
Il livello di umidità dell’ambiente dove la struttura in legno si trova a funzionare incide direttamente sulla sua capacità portante. Ciò accade perché le fibre del legno sono in grado di includere acqua o di espellerla, modificando in questo modo le prestazioni meccaniche. Un ambiente maggiormente umido comporta una minore resistenza meccanica ed una maggiore deformabilità. Al fine di tenere in conto l’effetto dell’ambiente sulla resistenza meccanica, l’Eurocodice 5 e la norma Nicole, prevedono un coefficiente denominato kmod, che modifica le normali formule atte a calcolare le resistenze di progetto a partire da quelle caratteristiche. La formula proposta è: Il coefficiente Kmod dipende dal tipo di ambiente nel quale la struttura si trova a funzionare e dalla durata del carico applicato. L’Eurocodice 5 distingue tre distinte classi di servizio in funzione dell’ambiente (e quindi della umidità) nella quale la struttura si trova a lavorare.
Classe di servizio 1 L’umidità relativa dell’ambiente non supera il 65% se non per poche settimane all’anno, l’umidità del legno è in equilibrio con quella dell’aria avente la temperatura media di 20°C. Nella maggior parte dei legni di conifera ciò implica una umidità media inferiore al 12%. Classe di servizio 2 L’umidità relativa dell’ambiente non supera l’ 85% se non per poche settimane all’anno, l’umidità del legno è in equilibrio con quella dell’aria avente la temperatura media di 20°C. Nella maggior parte dei legni di conifera ciò implica una umidità media inferiore al 20%. Classe di servizio 3 L’umidità relativa dell’ambiente supera quella della classe 2.
Relativamente alle classi di servizio vi è piena identità di definizione tra Eurocodice 5 e documento Nicole. Il documento italiano di applicazione dell’Eurocodice 5 (NAD), ancora non approvato ma in fase di studio, reperibile in www.cordinatore.it, propone di assegnare le classi di servizio anche in base ai seguenti possibili esempi:
Le NTC 2005 non definiscono tre classi di servizio, ma solo 2. La prima coincide di fatto con la prima classe di servizio dell’Eurocodice 5 e delle norme Nicole, la seconda necessariamente con le altre due. Non è chiara a chi scrive la ragione per cui si è modificato quanto così cristallinamente previsto dall’Eurocodice 5 e dalle norme N.I.CO.LE..
Tabella 0-4 Corrispondenza tra classi di servizio norme EC5 e NTC
Sensibilità alla durata del carico
La durata del carico ha una notevole importanza nelle verifiche sulle strutture in legno, sia sulle verifiche di resistenza e stabilità, sia sulle verifiche di deformabilità. La sostanza del problema è che il legno tende ad avere un comportamento mutevole nel tempo anche a parità di carico, e quindi le prestazioni che si possono attendere dipendono dalla durata del tempo di applicazione del carico. L’Eurocodice 5 e le norme italiane Nicole, prevedono alcune “classi di durata” per le azioni applicate, in base ad una classificazione che è indipendente dalla origine fisica delle azioni (neve, carichi variabili o carichi “permanenti”). Le classi di durata previste da queste norme sono descritte nella tabella successiva:
Tabella 0-5 Classificazione della durata dei carichi secondo EC5 La “sigla” della tabella precedente allude alla terminologia inglese (PE “permanent”, LT “long term”, MT “medium term”, ST “short term”, IN “instantaneous”), ed è impiegata dal programma che esegue le verifiche: ogni caso di carico deve avere un nome che termina con “(XX)”, dove XX sono le due lettere della classe di durata assegnata al caso di carico in questione. E’ tassativo aggiungere tale codifica in coda al nome altrimenti il programma non può riconoscere la classe di durata del caso di carico. Il lasso di tempo indica il periodo di tempo durante il quale la azione agisce.
E’ ben evidente che non è possibile catalogare in modo assoluto la durata sulla base del tipo: un carico da neve in Sicilia sarà probabilmente ST, mentre in Finlandia sarà verosimilmente MT. Per questo motivo l’EC5 lascia liberi gli Stati membri di specificare, per mezzo dei National Application Document (NAD), come incasellare le singole azioni. In Italia esiste una proposta di NAD (cfr www.coordinatore.it) ma tale documento non è ancora stato approvato ufficialmente. Stando a questo documento si possono “tradurre” le classi di durata per mezzo delle seguenti assunzioni:
L’Eurocodice 5 fornisce, nella tabella 2.2, le seguenti esemplificazioni:
Poiché le verifiche non sono condotte sui casi di carico elementari, ma sulle combinazioni, è evidente che potranno figurare contemporaneamente carichi appartenenti a differenti classi di durata. In questo caso le norme (tutte le norme) suggeriscono di considerare la combinazione come appartenente alla classe di durata del carico avente la durata minore, tra quelli effettivamente presenti nella combinazione. Quindi se in una combinazione è presente ad esempio un carico di breve durata ed un carico permanente, la combinazione sarà assimilata alla classe di breve durata, ovvero, come vedremo, a quella più favorevole. Poiché esistono comunque sempre combinazioni che includono i soli permanenti, la struttura verrà saggiata in un ampio insieme di condizioni e con differenti parametri di calcolo. La regola anzidetta fa sì che sia sempre necessario indagare tutte le combinazioni effettivamente sensate per la struttura in oggetto, e quindi – se possibile – aumenta l’importanza e la validità delle osservazioni già fatte nel paragrafo dedicato alle combinazioni di carico.
Le NTC 2005 indicano anziché cinque classi solo tre classi, riepilogate nella tabella seguente.
Tabella 0-6 Classificazione della durata dei carichi secondo NTC Come si vede le NTC 2005 non specificano una durata, ma invece danno direttamente degli esempi di classi di appartenenza. Risulta in particolare:
L’analisi dei valori numerici per i fattori di calcolo proposti da NTC lascia intendere, come vedremo in par. 2.4.5, che la classe di durata “istantanea” sia di fatto sparita, e così la classe di durata media. Pertanto, dopo l’analisi dei coefficienti (che sarà fatta in par. 2.4.5) si può ritenere che valga non solo in termini lessicali la seguente corrispondenza tra le classi di durata previste da Eurocodice 5 e Nicole, da una parte, ed NTC dall’altra.
Tabella 0-7 Corrispondenza tra la durata dei carichi secondo EC5 e quella secondo NTC
Poiché la classe di durata istantanea è sparita da NTC si sarà costretti ad adottare la classe di breve durata, che è la minima possibile, e perciò ad aumentare i coefficienti di sicurezza. Tale è la sorte delle azioni accidentali e del vento, reputati “istantanei” da EC5 e norme Nicole, ma solo “di breve durata” da NTC. Risulta evidente l’impoverimento (qualcuno direbbe la “semplificazione”, noi preferiamo dire impoverimento) introdotto dalle NTC, peraltro del tutto ingiustificato visto che una norma italiana, la Nicole, aveva già recepito l’impianto di Eurocodice 5. Dato che quanto previsto da NTC scompagina l’assunto di norme ben più articolate, senza costituire un corpus normativo altrettanto esteso e coerente, ci pare che queste dovrebbero essere messe da parte, eventualmente recependo – a favore di sicurezza – i maggiori fattori γM da questa introdotti.
Effetti legati alla direzione dello sforzo
In questo lavoro si farà l’ipotesi che le travi rettilinee siano fatte in modo tale che la direzione degli sforzi normali principali coincida con quella della fibratura. Tale ipotesi è coerente con analoga ipotesi fatta in Eurocodice 5 relativamente al calcolo di elementi monodimensionali tipici, e dipende essenzialmente dal fatto che per loro natura le travi necessitano di una direzione prevalente che non può che coincidere con la direzione delle fibre del legno: del resto in natura un tronco d’albero è appunto un elemento presso inflesso e la direzione delle fibre coincide con l’asse dell’elemento con buona approssimazione. La direzione allineata con le fibre è individuata nelle norme mediante il pedice “0” (zero). Una evidente eccezione è costituita dalle travi curve, dalle travi rastremate a semplice e doppia pendenza. Queste necessitano di opportune correzioni che tengano in conto il fatto che le tensioni di flessione non sono ovunque allineate con la fibratura. Tali travi sono al di fuori del campo di applicazione del software sul CD e non sono pertanto descritte in questo lavoro. Il comportamento del materiale legno in direzione ortogonale rispetto alle fibre è ben diverso da quello in direzione delle fibre. Verifiche locali a trazione o compressione in direzione normale alle fibre possono essere dimensionanti, in certi casi. La direzione ortogonale alle fibre è individuata dal pedice “90” (90 gradi). Le verifiche locali riguardano in specie le zone degli appoggi, nelle quali le reazioni dei vincoli possono indurre localmente tensioni ortogonali alle fibre, oppure dettagli di unione che trasferiscono le azioni per mezzo di tensioni agenti in direzione inclinata rispetto alle fibre, o le zone di applicazione di rilevanti carichi concentrati.. In questo lavoro ci riferiremo essenzialmente agli effetti delle tensioni normali agenti parallelamente alle fibre.
Tipologia del materiale
La tipologia del materiale di cui è costituito l’elemento influisce sui coefficienti di sicurezza da adottare nel calcolo. In generale possiamo distinguere le seguenti tipologie di materiale di base:
Poiché questo lavoro si occupa di elementi monodimensionali, di fatto le tipologie possibili sono limitate alle seguenti:
Il legno lamellare incollato è ottenuto dalla riunione di lamine di legno incollate tra loro ed unite mediante giunti di varia specie. La possibilità di scartare le lamine difettate e disporre con cura la orditura delle fibre consente di realizzare un materiale con elevate caratteristiche di resistenza, impregiudicate dalla presenza di collanti sintetici ad alta resistenza. Figura 1 Struttura del legno lamellare incollato (dal sito www.cwc.ca, Canadian Wood Council)
In genere le lamelle hanno uno spessore inferiore ai 40 mm (spesso ha il valore di 33 mm) ed una larghezza inferiore a 220 mm. La riunione di lamelle attentamente controllate consente di ottenere prestazioni meccaniche superiori a quelle del legno di partenza: vengono infatti eliminati i difetti (e questo spiega il fatto che il γM previsto dall’Eurocodice 5 per il legno lamellare, 1.25, sia inferiore a quello previsto per il legno massiccio, 1.30. Le NTC, invece, trattano tutti i tipi allo stesso modo con un valore di 1.35). Inoltre, la possibilità di riunire pezzi piccoli consente di ottenere sezioni maggiori a quelle ottenibili con il legno naturale, e di forma non rettilinea ma arcuata nel modo desiderato. E’ poi possibile realizzare legni lamellari combinati mediante riunione di lamelle provenienti da legnami aventi caratteristiche meccaniche differenti: tale ulteriore possibilità consente di disporre il materiale di miglior qualità dove effettivamente serve e quindi di sfruttare al meglio il materiale. Figura 2Legno Microlamellare in opera (dal sito www.cwc.ca, Canadian Wood Council)
Il legno microlamellare è ottenuto da lamine di spessore considerevolmente minore del lamellare normale (2.5-4.8 mm) e presenta una elevata omogeneità di comportamento, tanto che il suo valore di γM è ancor minore di quello del legno lamellare (1.20 anziché 1.25 secondo Eurocodice 5, mentre il solito 1.35 secondo le NTC). Le lamine vengono vagliate ed ordinate in base alla loro qualità (con gli scarti del caso), poi vengono tagliate ed infine unite mediante collanti speciali. Il fatto che l’elemento tipico abbia spessore circa 10 volte minore di quello del legno lamellare fa comprendere la ragione per cui questo materiale presenta una omogeneità particolarmente elevata. In questo modo il difetto tipico è di dimensioni minori e viene maggiormente disseminato nel volume finale.
Dati identificativi del materiale legno
Ai fini del calcolo di dimensionamento ogni tipo di legno viene classificato mediante la valutazione di un certo numero di proprietà meccaniche, l’insieme delle quali identifica il materiale per il suo utilizzo in ambito strutturale. Queste proprietà meccaniche sono indicate nella tabella successiva. Ai fini della comprensione della nomenclatura si ricordi il significato dei seguenti pedici, ampiamente usati nella simbologia:
f tensione ρ densità di peso E modulo di elasticità di Young G modulo di elasticità tangenziale k caratteristico mean medio m medio m flessione c compressione t trazione v taglio 0 direzione parallela alle fibre 05 valore caratteristico con frattile del 5% 90 direzione perpendicolare alle fibre
Tabella 0-8 Elenco dei parametri indispensabili a definire un tipo di legno
Il valore Gk,05 può essere ottenuto da Gmean mediante la seguente formula: ý0-5
Materiali codificati
Nelle seguenti tabelle si riportano alcuni dei materiali codificati, con i loro valori meccanici (norma prEN338:2002 “C” e “D” [11] e norma EN1194:1999 per i lamellari incollati, “GL” [12]). Tutti questi materiali sono presenti nell’archivio del programma.
Tabella 0-9 Materiali normati secondo le EN Vale inoltre la seguente attribuzione:
Legni tipo C Conifere, pioppo Legni tipo D Latifoglie escluso pioppo Legni tipo GL Lamellari incollati
Nella tabella seguente si riportano i valori di legnami italiani secondo UNI 11035 [13] (il campo “Nome” è invece stato aggiunto da chi scrive come sigla sintetica).
Anche questi materiali sono presenti in archivio e verificabili automaticamente.
E’ possibile introdurre anche nuovi materiali oltre a quelli codificati. In tal caso occorrerà aggiungere questi materiali al file WoodData.txt presente nella cartella di installazione del programma.
Resistenze di calcolo del materiale legno: i coefficienti Kmod e γR,D
Eurocodice 5 e documento NICOLE
Come abbiamo visto le tensioni di progetto Rd si ricavano da quelle caratteristiche Rk per mezzo dei due fattori γM e Kmod. I valori di γM sono già stati introdotti al par. 2.2.2 e 2.2.3 mentre i valori del coefficiente Kmod verranno chiariti qui. Kmod tiene contemporaneamente in conto il tipo di materiale, l’ambiente ove si trova la struttura (classe di servizio) e la durata del carico. I valori presenti sia in Eurocodice 5 sia nelle norme NICOLE sono quelli della tabella successiva.
Dato un certo valore di resistenza caratteristica, la resistenza di progetto si ottiene moltiplicando per Kmod e dividendo per γM. Poiché i valori di Kmod ed i valori di γM dipendono dalla durata del carico in generale le resistenze di progetto variano a seconda della combinazione di carico in esame. Per questo motivo non è spesso possibile sapere a priori quale combinazione risulterà maggiormente gravosa.
Norme NTC
In questo caso viene definito un fattore γRD, che agisce a denominatore della tensione caratteristica, insieme al γM. I valori tabellati nella norma NTC 2005 [1] sono i seguenti, in cui però occorre osservare che la classe di servizio e le classi di durata del carico non hanno un significato coincidente con quelle dell’Eurocodice.
Nell’uso con il programma, si potranno adottare le classi di servizio e le tipologie di durata del carico definite secondo Eurocodice 5 anche se si sceglie di usare le norme NTC, poiché è poi il programma a modificare i coefficienti in accordo a quanto richiesto dalle NTC. In altre parole, se un carico viene etichettato “istantaneo”, nell’uso con le NTC questo sarà considerato di breve durata. Se è stata definita una classe 3 o 2, questa sarà comunque trattata, usando le NTC, come una classe di servizio 2. Verifiche di deformabilità (SLE)
Le verifiche agli stati limite di esercizio sono di fatto verifiche di spostamento. In generale occorre tenere in conto anche l’effetto sullo spostamento provocato dallo scorrimento delle unioni, ma questo argomento non entra nella presente disamina. In accordo all’Eurocodice 5 occorre verificare che sia lo spostamento istantaneo, sia quello “finale” risultino inferiori a certi limiti prefissati. Vedremo in dettaglio cosa questo implichi. Prima è però necessario osservare che lo spostamento delle strutture lignee risente in modo piuttosto cospicuo della deformabilità per taglio, e ciò a causa dei bassi valori del modulo di elasticità tangenziale G. Secondo l’Eurocodice 5 è possibile eseguire il calcolo degli spostamenti istantanei mediante i moduli di elasticità medi (normale e tangenziale). Per tale motivo nella definizione dei dati del materiale necessari per il calcolo (vedi anche gli archivi) si è scelto di usare tali valori medi. Nel programma la deformabilità per taglio è correttamente tenuta in conto allorchè vengano correttamente specificati il modulo G per il materiale ed il fattore di taglio per la sezione. Lo scopo per cui viene chiesto un coefficiente di Poisson, nella definizione di un materiale, è appunto quello di consentire il calcolo (mediante una formula convenzionale, essendo relativa a materiali omogenei ed isotropi) del modulo G. Nel caso di sezioni rettangolari e circolari piene il fattore di taglio viene calcolato dal programma. Negli altri casi occorrerà fornirlo esplicitamente. Se non si vuole tenere in conto il contributo alla deformazione del taglio, occorrerà fissare pari a 0 il valore del fattore di taglio.
Abbiamo detto che occorre verificare sia gli spostamenti istantanei sia quelli finali. In effetti una volta applicato un carico, la struttura si deforma all’istante di una certa quantità uist. Se il carico viene mantenuto, comunque, lo spostamento tende ad aumentare ulteriormente nel tempo in ragione progressivamente crescente con il grado di umidità dell’ambiente ove si trova la struttura. Lo spostamento “finale” è dunque la somma dello spostamento istantaneo uist e dello spostamento dovuto alla viscosità (fluage in francese, creep in inglese) ucreep. Identificato lo spostamento istantaneo di un carico permanente con uist, lo spostamento dovuto al creep è pari a ucreep= Kdef uist
dove Kdef è un coefficiente che dipende dalla classe di servizio della struttura (ovvero dalla umidità dell’ambiente) e dal tipo di legno. Nel seguito si riportano i valori di Kdef proposti dall’EC5 per le tipologie di legno più comuni.
Le norme tecniche NTC 2005 [1] usano, come abbiamo spiegato, differenti classi di servizio (due e non tre e con diverse delimitazioni) e introducono differenti valori per i coefficienti Kdef. Nella seguente tabella si danno i valori di Kdef secondo le norme [1]. Il documento NICOLE è in accordo all’Eurocodice 5.
Nel caso ad esempio di un carico permanente in classe di servizio 3 (secondo EC5), un legno massiccio passerebbe dalla deformazione istantanea calcolata 1 ad una deformazione finale tripla uist +2 uist =3 uist. Il caso dei carichi variabili è diverso. Per essi occorre tenere in conto il fatto che se la deformazione istantanea dovuta ad un certo carico Qk è uist, solo la quota parte Ø2 di Qk agirà in modo “quasi permanente” e sarà quindi capace di sviluppare deformazioni lente per viscosità. Pertanto in questo caso abbiamo le seguenti possibilità, riepilogate nella seguente tabella.
Tabella 0-15 deformazioni istantanee, per viscosità e finali per vari valori del carico Qk
Da quanto precede consegue che per ottenere le deformazioni finali (valutate convenzionalmente) si possono adottare le seguenti formule di combinazione, modificate per includere anche gli effetti della viscosità.
Combinazioni rare: Combinazioni frequenti: Combinazioni quasi permanenti:
Si tratta di un trucco col quale valutiamo gli effetti lenti modificando le formule di combinazione: in realtà le azioni presenti sulla struttura non cambiano. In particolare gli effetti lenti non corrispondono ad un incremento delle azioni, e quindi le azioni indicate da queste formule di combinazioni non saranno mai presenti sulla struttura. Tuttavia, adottando queste formule di combinazione possiamo impiegare la teoria della elasticità lineare per valutare gli effetti lenti, del tutto anelastici.
Ad esempio sia G un carico permanennte e Q un carico variabile e sia Kdef = 0.80, ø0=0.7 ø1=0.5 e ø2=0.2. Le combinazioni atte a calcolare le deformazioni finali sono le seguenti:
1.8G 1.8G+(1+0.2x0.8)Q=1.8G+1.16Q 1.8G+(0.5+0.2x0.8)Q=1.8G+0.66Q 1.8(G+0.2Q)=1.8G+0.36Q
Quale sia la combinazione che dà il valore massimo di spostamento dipende dal segno di G e Q e dal luogo ove sono applicate le azioni, in generale. Se G e Q hanno lo stesso segno e sono egualmente collocati e distribuiti (ad esempio due carichi gravitazionali distribuiti), allora la combinazione più sfavorevole è la 2, che risponde alla formula generale:
(1+Kdef)G + (1+ ø2Kdef)Q ý0-6
L’Eurocodice 5 dà le seguenti delimitazioni alla freccia di travi inflesse, delimitazioni che come abbiamo accennato sono diverse per lo spostamento istantaneo e per lo spostamento finale.
Tabella 0-16 Limitazioni alla freccia secondo Ec5
Dove: uist è lo spostamento istantaneo della combinazione in esame unetto,finale è lo spostamento finale rispetto alla configurazione rettilinea ideale ottenuto considerando la controfreccia, lo spostamento istantaneo e lo spostamento differito ufinale è lo spostamento ottenuto sommando i valori assoluti dello spostamento netto finale e della controfreccia
In caso di mensole le limitazioni possono essere rese meno stringenti, raddoppiando i limiti.
I valori qui elencati sono quelli presenti in EC5 e non derivano dal documento di applicazione nazionale (NAD), ancora in fase di preparazione.
Verifiche di resistenza (SLU)
Le verifiche di resistenza devono essere condotte, in generale, in tutte le sezioni del prisma costituente la membratura. Si farà l’ipotesi di considerare solo gli effetti delle tensioni agenti parallelamente alle fibre.
Azione assiale Trazione Detta σt,0,d la tensione di progetto a trazione, la verifica si esegue (cfr. EC5 6.1) mediante la seguente semplice formula di confronto: σt =σt,0,d ft,0,d dove ft,0,d è la tensione di progetto resistente. I pedici indicano: t trazione 0 direzione allineata con le fibre (angolo 0) d “design” e quindi “progetto” Se definiamo “coefficiente di sfruttamento a trazione”, la quantità Et così definita (E=exploitation): la equazione precedente ci dice banalmente che lo sfruttamento deve essere inferiore a 1: Et 1
La tensione caratteristica per il materiale (ft,0,k), dalla quale si calcola la tensione di progetto mediante la formula 2.2 può variare a causa del fatto che la massima dimensione della sezione, d, sia piccola: la tensione caratteristica infatti può essere incrementata di un fattore kh (cfr EC5 par. 3.2(3) e 3.3(3)). Il fattore kh dipende dal tipo di legno e dalla dimensione della sezione. Per sezioni in legno massiccio, con densità caratteristica inferiore a 700Kg/mc, ove la larghezza d sia minore di 150 mm, la tensione caratteristica a trazione può essere amplificata di un fattore Per sezioni di legno lamellare, ove la larghezza d sia minore di 600 mm, la tensione caratteristica a trazione può essere amplificata di un fattore Nelle formule che precedono d è in mm.
Compressione In questo caso, parlando ovviamente per ora solo di verifica di resistenza, la verifica è simile a quella per la trazione, ma bisogna usare la tensione di progetto resistente a compressione, fc,0,d. σc =σc,0,d fc,0,d I pedici indicano: c compressione 0 direzione allineata con le fibre (angolo 0) d “design” e quindi “progetto” Anche in questo caso è possibile definire un coefficiente di sfruttamento, definito come segue Poiché di solito la tensione di compressione ha segno negativo, è chiaro che la relazione presente nell’Eurocodice 5 va interpretata in senso piuttosto convenzionale che strettamente algebrico. Infatti la relazione σc =σc,0,d fc,0,d non avrebbe alcun senso nel caso in cui si assumesse che la tensione di calcolo fosse negativa.
Flessione semplice o deviata Figura 3 rappresentazione assi principali
Questa volta usiamo come pedice le seguenti lettere: m flessione 0 direzione allineata con le fibre (angolo 0) d “design” e quindi “progetto” y asse principale della sezione, anche indicato con “2” z asse principale della sezione anche indicato con “3”
La verifica si ottiene sommando i contributi della flessione attorno ai due assi principali, e riducendo l’effetto su uno dei due assi (quando contemporaneamente presenti entrambe le flessioni) mediante il coefficiente riduttivo km, che in pratica si applica solo alle sezioni rettangolari.
Il coefficiente riduttivo km può valere 0,7 oppure 1. Esso vale 0,7 per sezioni rettangolari di legno massiccio, lamellare, ed LVL, vale 1,0 in tutti gli altri casi. Tale coefficiente tiene in conto le redistribuzioni di tensione e le disomogeneità di materiale su una sezione.
Le condizioni da verificare, secondo EC5 (ed anche secondo il documento Nicole), sono: Possiamo definire un coefficiente di sfruttamento a flessione semplice nel seguente modo (tale coefficiente è quello da impiegare nel caso in cui vi sia flessione attorno a uno solo dei due assi): ed il coefficiente di sfruttamento per flessione composta come segue:
Si può facilmente vedere che la formula dà luogo al massimo sull’asse che, separatamente, dà luogo al massimo. Infatti, risolvendo la disequazione si ottiene: Dunque la prima formula è dimensionante quando lo sfruttamento dovuto al momento sull’asse y, pensato agente da solo, è maggiore dello sfruttamento dovuto al momento sull’asse z, pensato agente da solo. Nelle formule che precedono è da notare il fatto che la tensione di riferimento per il materiale (fm) non è in generale eguale nelle due direzioni, ma può variare a causa del fatto che la tensione caratteristica di flessione dipende dal coefficiente kh (cfr EC5 par. 3.2(3) e 3.3(3)). Il fattore kh dipende dal tipo di legno e dalla altezza della sezione nella direzione di flessione rilevante. Per sezioni in legno massiccio, con densità caratteristica inferiore a 700Kg/mc, ove l’altezza h sia minore di 150 mm, la tensione caratteristica a flessione può essere amplificata di un fattore Per sezioni di legno lamellare, ove l’altezza h sia minore di 600 mm, la tensione caratteristica a flessione può essere amplificata di un fattore Nelle formule che precedono h è espresso in millimetri. Tutte queste formule sono impiegate dal programma di verifica. Osservazioni sulle formule di verifica con effetti combinati
Come nel caso relativo alla compressione, facciamo notare che la scrittura delle equazioni prevista da Eurocodice 5 e dal documento NICOLE è a stretto rigore priva di significato algebrico in quanto se si assume che la tensione abbia segno le diseguaglianze dovrebbero essere due e non una per ciascuna equazione. Ad esempio: In realtà benchè figurino tensioni il metodo di verifica è un metodo agli stati limite, e quindi un metodo basato su domini limite validi a livello sezionale. Non a caso la fmk è definita impegando proprio il modulo di resistenza elastico W come elemento normalizzatore del momento limite. Le tensioni di riferimento devono quindi essere prese in valore assoluto, e le formule di verifica, più che rappresentare il calcolo di una tensione in un punto, rappresentano un dominio limite per la sezione, rettificato a favore di sicurezza. Per tutte queste ragioni a parere di chi scrive sarebbe molto più corretto scrivere le formule in questione nel seguente modo o meglio ancora passare ad una notazione sezionale che espliciti l’uso di numeri indice adimensionali quali gli addendi in realtà sono, e di caratteristiche resistenti non puntuali ma sezionali: ovvero in definitiva dove il pedice “u” indica il momento “ultimo” o limite. E’ da notare che i moduli di resistenza introdotti sono quelli elastici e non quelli plastici: una reale redistribuzione di tensione sulla sezione non è infatti possibile stante la presenza di difetti che rendono il comportamento delle fibre dal lato teso di tipo elasto-fragile. Sotto queste condizioni di fatto la condizione limite sulla sezione si identifica con la condizione limite di un punto. Analoga modifica dovrebbe essere applicata a parere di chi scrive anche a tutte le formule che seguiranno, sostituendo sistematicamente alle tensioni le azioni interne corrispondenti (ovvero in sostanza agli sforzi gli sforzi generalizzati secondo la teoria della trave). A tale riguardo viene invece detto, peraltro autorevolmente, in [6]:
“Le conoscenze attuali del legno come materiale da costruzione non sono sufficienti a fornire la base per criteri di rottura più complessi delle combinazioni lineari […]. Per sollecitazioni di trazione, di compressione, e di flessione semplici, per una sezione rettangolare, l’uso di teorie più sofisticate è inutile. E’ infatti la stessa cosa esprimere un criterio di rottura attraverso un confronto tra tensioni anziché un confronto tra sollecitazioni quando si abbia a che fare una sezione rettangolare e con stati tensionali semplici di trazione o compressione o flessione (una volta definita la fm)”.
A nostro parere, invece, l’uso delle tensioni in un metodo agli stati limite è fuorviante e dovrebbe essere abbandonato. In ogni modo va segnalato che il programma di verifica è stato approntato interpretando ciascun addendo come un numero certamente positivo e come numero indice del cimento sulla sollecitazione elementare, quindi senza eseguire calcoli che sommino algebricamente tensioni di flessione con tensioni di trazione o compressione, calcoli che sommerebbero, ci pare, patate con carote, essendo le tensioni limite diverse per le varie sollecitazioni elementari.
Tensoflessione semplice o deviata
Le formule da verificare, secondo EC5 par. 6.2.3 (ed anche secondo il documento Nicole), sono, nel caso di tensoflessione deviata: In pratica questo vuol dire che il coefficiente di sfruttamento per tensoflessione Eσ è la somma dei coefficienti di sfruttamento per trazione e per flessione: Eσ=Et+Em E’ da notare che i tre addendi sono da considerarsi sempre positivi, infatti, più che una somma algebrica di tensioni secondo il metodo classico delle tensioni ammissibili, la formula va riguardata come un dominio limite con frontiera lineare nello spazio delle sollecitazioni. Queste formule sono impiegate dal programma di verifica.
Pressoflessione semplice o deviata
In questo caso occorre invece verificare che risulti (cfr. EC5 par. 6.2.4)
Si può quindi definire un coefficiente di sfruttamento dato da Eσ=(Ec)2+Em La formula è nonlineare e tende a premiare la presenza di azione assiale di compressione rispetto a quella di trazione. Infatti nel caso di trazione, immaginando di avere Et=0.5 ed Em=0.6 la verifica non sarebbe soddisfatta (0.5+0.6 > 1), mentre nel caso di compressione, con Ec= 0.5 ed Em= 0.6 risulterebbe (0.5)2+0.6=0.85 < 1. Queste formule sono impiegate dal programma di verifica.
Stato limite per tensioni normali parallele alle fibre
L’esame di quanto sopra illustrato porta a dire che si può in generale definire un coefficiente di sfruttamento per tensione normale, dato in generale da Eσ. Tale coefficiente di sfruttamento si specializza poi, nel caso di sollecitazioni elementari, in quello per azione assiale semplice (trazione o compressione) o flessione (semplice o composta) a seconda dei casi. Come vedremo le sollecitazioni tagliante e torcente producono effetti che non si combinano con quelli dovuti alla azione assiale ed ai momenti. Pertanto sembra corretto parlare, nei riguardi delle verifiche di resistenza, di uno stato limite per tensioni normali e di uno stato limite per tensioni tangenziali, intendendo poi lo sfruttamento di resistenza come il massimo tra i due sfruttamenti.
Taglio
In questo caso si usano i seguenti simboli come pedici:
v taglio d progetto La formula di verifica si esplicita nella relazione τd fv,d ed è possibile definire il coefficiente di sfruttamento a taglio Ev come La tensione resistente di progetto fvd si ottiene direttamente dalla tensione caratteristica fv,k mediante la formula generale, mentre la tensione di calcolo deve essere calcolata in modo diverso a seconda della forma sezionale. Immaginando convenzionalmente una distribuzione di tensione tangenziale puramente elastica alla Jouravskij, per la sezione rettangolare si può porre, essendone A l’area dove Vd è il taglio di progetto agente o in direzione y o in direzione z. Nel caso di sezione circolare, si ha invece la formula seguente Negli altri casi sarà comunque possibile definire un modulo di resistenza a taglio WV, e scrivere: Nel caso in cui siano contemporaneamente presenti sia il taglio agente secondo uno degli assi principali, sia il taglio agente secondo l’altro asse principale (ovvero Vyd e Vzd), si potrà eseguire la verifica mediante la formula combinata seguente: che implicitamente presume che le massime tensioni agiscano nello stesso punto. Un altro modo di vedere la verifica combinata è il seguente. Definito il coefficiente di sfruttamento per taglio in una direzione o nell’altra il coefficiente di sfruttamento finale è pari a e quindi risulta un cerchio di raggio unitario nello piano delle sollecitazioni normalizzate alle sollecitazioni limite. Queste formule sono impiegate dal programma di verifica.
Torsione
Nel caso della torsione la formula proposta da EC5 è la seguente: τtor,d ksh fv,d Dove τtor,d è la tensione di progetto a torsione. ksh è un coefficiente amplificativo che dipende dalla forma della sezione. fv,d è La tensione di progetto resistente a taglio.
Il coefficiente amplificativo ksh vale:
1,2 per sezioni circolari 1+0.15Lmin/Lmax nel caso di sezioni rettangolari. Figura 4 La tensione di progetto a torsione τtor,d deve essere calcolata mediante formule che dipendono dalla forma sezionale, e che sono in sostanza quelle ottenibili dalla Scienza delle Costruzioni. Per le sezioni circolari di raggio r, la formula è: mentre per le sezioni rettangolari si può usare la formula di Hansen seguente, essendo b il lato minore e a quello maggiore: Nelle formule che precedono si è definito il modulo di resistenza a torsione W1, ovvero il numero che diviso per il momento torcente dà la tensione di progetto a torsione. Per forme sezionali diverse da quelle indicate è sempre possibile calcolarne il valore. Stabilito come calcolare la tensione di progetto, possiamo definire un coefficiente di sfruttamento a torsione ET nel seguente modo: Queste formule sono presenti ma non impiegate dal programma di verifica, in quanto le strutture allo studio sono sempre piane.
Taglio-torsione (stato limite per tensioni tangenziali)
Né l’Eurocodice 5 né il documento Nicole danno indicazioni esplicite nel caso di contemporanea presenza di taglio e torsione. Sul recente testo di Piazza e altri [7] è riportata la seguente formula di interazione, che definisce, altresì, un coefficiente di sfruttamento per tensioni tangenziali: Tale formula di interazione indica un dominio parabolico nel piano (V,M1). Poiché il programma accluso è un programma relativo a travi rettilinee piane, la torsione non figura tra le sollecitazioni di calcolo ed è quindi esclusa, in quanto assente, dalle verifiche. Questa formula è presente ma non impiegata dal programma di verifica in quanto la torsione non c’è.
Verifiche di stabilità (SLU)
Introduzione
Le verifiche di stabilità devono essere eseguite per cautelarsi da due possibili fenomeni, entrambi possibili e potenzialmente rovinosi: l’instabilità per compressione e l’instabilità per flessione. Il primo tipo di instabilità è quella euleriana classica, con tutte le correzioni del caso, mentre il secondo prende il nome di “svergolamento”. I due fenomeni sono ben noti a chi si sia occupato di strutture in acciaio, e presentano qualitativamente problematiche analoghe. Nella instabilità euleriana l’asta compressa si dispone secondo una configurazione non rettilinea a partire da certi livelli di carico che sono detti “critici”. In sostanza per certi livelli di azione assiale di compressione, le forze di richiamo elastico che vorrebbero far ritornare l’asta alla sua configurazione rettilinea, dopo che questa configurazione sia stata persa a causa delle imperfezioni o a causa di piccole perturbazioni esterne, sono equilibrate dalle forze insorte proprio a causa della mancanza di rettilineità dell’asta, e dovute al braccio acquisito dalla forza di compressione. In queste condizioni, raggiunti certi livelli di carico, sono possibili configurazioni di equilibrio non rettilinee, alle quali corrispondono stati limite generalmente non accettabili per la struttura. Nelle aste reali il comportamento instabile tende a non essere “biforcativo”, ovvero tende a non manifestarsi all’improvviso, ma è preceduto da un progressivo allontanamento dalla configurazione iniziale. Ciò dipende essenzialmente dal fatto che il modello di asta rettilinea e priva di imprefezioni non esiste in natura. Lo svergolamento è invece un fenomeno di instabilità strettamente legato alla flessione. Si può vedere lo svergolamento come la tendenza a sbandare lateralmente della parte compressa della sezione. Poiché lo sbandamento laterale della parte compressa non può avvenire in modo libero, essendo questa solidale con la parte tesa, la sezione realizza l’instabilità torcendosi in modo che la parte compressa vada da una parte e la pare tesa dall’altra. Lo svergolamento è facilitato dalla presenza di travi lunghe, con scarsi ritegni torsionali, aventi sezioni alte e strette. Nelle strutture in acciaio è classico lo svergolamento di travi a I nelle quali la piattabanda compressa sbanda lateralmente al raggiungimento di determinati livelli di momento flettente, e dunque di compressione sulla parte compressa della sezione. Per le travi in legno è classico lo svergolamento di sezioni rettangolari con elevato rapporto altezza/base. Il modo in cui l’Eurocodice 5 e il documento Nicole trattano il problema delle verifiche a stabilità non è identico. Mentre l’Eurocodice 5 prevede due distinti insiemi di verifiche, l’una per le colonne e l’altra per le travi, il documento Nicole, in modo che ci pare più convincente, ed in analogia a quanto ad esempio si può trovare nelle istruzioni CNR10011 per le strutture in acciaio, prevede una verifica unica per il fenomeno, modificando le formule valide per la pressoflessione al fine di pervenire a formule valide anche per lo svergolamento. Va infatti detto che non è sempre chiaro se un elemento sia “una colonna” o “una trave”. Gli elementi strutturali possono presentare sia azione assiale che momento flettente pur essendo “travi” o “colonne”. Sembra quindi più generale e più convincente l’approccio proposto dal documento Nicole, anche se la verifica in accordo ad Eurocodice non pone, come vedremo, particolari problemi. La verifica di stabilità è una verifica di membratura e non di sezione. Questo vuol dire che, a differenza di quanto avviene per le verifiche di resistenza, non è necessario ripetere le verifiche in ogni sezione lungo lo sviluppo dell’asta. Anzi: non si deve fare. Al contrario, data ogni componente di azione interna, occorrerà trovare un valore “di progetto” per la membratura di questa azione interna, ed adottare questo valore. In altre norme, come ad esempio le citate CNR10011 [19], ma anche nell’Eurocodice 3 [20], sono dati coefficienti di distribuzione atti a calcolare quantità “equivalenti” da utilizzare ai fini delle verifiche. Non è questo il caso dell’Eurocodice 5 e del documento Nicole per quanto riguarda la instabilità euleriana. Per lo svergolamento l’EC5 dà una serie di prescrizioni sul coefficiente di libera inflessione, facendolo anche dipendere dalla distribuzione di momento (e quindi anziché usare un “momento equivalente” si usa una “lunghezza di libera inflessione equivalente”). I valori della sollecitazione di riferimento da assumere sono quelli che provocano la massima tensione. Nel caso di membratura prismatica ciò vuol dire assumere i valori massimi in modulo della compressione e della flessione, rispettivamente secondo l’asse y e secondo l’asse z. Analogamente, a differenza di quanto previsto altrove, la norma non distingue un segno legato alla flessione, ovvero in pratica assume un comportamento simmetrico, che, mentre è perfettamente comprensibile nel caso di sezioni rettangolari, può non essere verificato in pratica nel caso di sezioni di forma “strana” o magari ottenute per composizione. In questo caso è ben possibile, ci pare, che il comportamento ad instabilità dipenda dal segno del momento flettente, essendo per esempio diverse le piattabande al lembo superiore od inferiore. Nel prosieguo ci si riferirà quindi sempre al caso di sezioni rettangolari o circolari (per le quali però lo svergolamento non esiste), e si farà sempre riferimento a membrature prismatiche. Il programma consente, tuttavia, di trattare anche sezioni di tipo generico, pur di fornire i dati necessari alla esecuzione delle verifiche qui descritte. Si rimanda alla guida operativa per ulteriori informazioni.
Dati di calcolo comuni alle due norme Eurocodice e Nicole.
Instabilità Euleriana
Della membratura vengono dapprima calcolate le snellezze nei due piani secondo gli ordinari metodi della scienza delle costruzioni. Pertanto si definisce una snellezza relativa all’asse y ed una snellezza relativa all’asse z (simbolo: λ).
I coefficienti βy e βz, sono detti, come è noto, coefficienti di libera inflessione, e dipendono dal tipo di schema di vincolo in ciascun piano. Essi valgono 1 nel caso di vincolo cerniera-cerniera o cerniera-carrello, valgono 2 nel caso di mensola (incastro-estremo libero), 0.5 nel caso di incastro-manicotto, e così via. A è l’area della sezione e J sono i suoi due momenti di inerzia, rispettivamente attorno all’asse y ed all’asse z. Nella terminologia del programma l’asse y è l’asse 2, l’asse z è l’asse 3. A volte, nei tabulati, si trova il pedice “P” (=in piano) per l’asse 2, e “F” (=fuori piano) per l’asse 3. In altre parole:
Definita la snellezza assoluta nei due piani, viene definita la snellezza relativa alla critica, nei due piani, aggiungendo il prefisso “rel” al pedice e normalizzando la snellezza rispetto a quella al limite tra aste snelle ed aste tozze. Come modulo di elasticità di adotta il modulo caratteristico E0,05. Questa procedura è naturalmente convenzionale e del tutto simile a quella che si adotta per le strutture in acciaio. Le due snellezze relative sono così definite: Nel caso in cui queste snellezze relative siano inferiori a una certa soglia s (che dipende dalla normativa) la verifica alla instabilità per compressione o per presso flessione può essere omessa in quanto non significativa. L’Eurocodice 5 dà il valore soglia di s=0,3, la norma Nicole il valore di s=0,5. In funzione delle snellezze relative appena introdotte, è possibile definire dei fattori kc, minori o al limite eguali ad 1, che decrementano il valore della tensione di compressione resistente di progetto, fc,0,d. Di questi coefficienti ve n’è uno per ogni asse principale. Le formule che definiscono i due kc sono le seguenti: Come si vede essi dipendono dai due fattori ky e kz, definiti a loro volta come segue: Il coefficiente βc vale:
βc 0,2 per legno massiccio βc 0,1 per legno lamellare
Come si vede il legno lamellare è trattato meglio rispetto al legno massiccio, ciò dipende dal fatto che per l’applicabilità di queste formule devono essere soddisfatti ben precisi requisiti di rettilineità degli elementi, che devono essere qualificati prima di essere impiegati. Tali limiti sono, detta e la freccia iniziale ed L la lunghezza dell’elemento compresso:
e < L/300 per legno massiccio e < L/500 per legno lamellare e microlamellare
Svergolamento
In analogia a quanto visto per la instabilità euleriana, anche per lo svergolamento si definisce una snellezza relativa, normalizzando la tensione caratteristica a flessione fm,k con la tensione associtata allo svergolamento σm,crit. Risulta quindi per definizione Mentre in generale sarà possibile definire una snellezza relativa in ciascuno dei due piani di flessione, ed esaminare separatamente ciò che avviene nell’uno e nell’altro piano di flessione, nel caso delle sezioni rettangolari tale generalizzazione potrebbe non essere necessaria in quanto lo svergolamento avviene sempre a causa di flessioni attorno all’asse forte. Nell’Eurocodice 5 si parla esplicitamemente di flessione attorno all’asse forte, e si immagina che tale asse sia l’asse y. In generale noi dovremmo supporre che lo svergolamento possa avvenire secondo ciascuno dei due assi principali e cautelarci corrispondentemente. La tensione critica σm,crit è ottenibile dal momento critico (il momento in corrispondenza al quale si ha svergolamento), mediante la prevedibile formula seguente Dove nell’ultima eguaglianza si è accettata l’ipotesi dell’Eurocodice 5, che l’asse attorno al quale effettuare la verifica sia l’asse y. Il momento critico, a sua volta, è definito mediante la seguente formula generale in Eurocodice 5 In questa formula compaiono:
E0,05 ovvero il modulo elastico caratteristico in direzione delle fibre con frattile 5%. Iz ovvero il momento di inerzia attorno all’asse debole. G0,05 ovvero il modulo di elasticità tangenziale con frattile 5%, tale modulo può essere ottenuto moltiplicando Gmean per il rapporto (E005k/E0,mean) It ovvero il momento di inerzia torsionale Lef ovvero la lunghezza efficace
La lunghezza efficace (o per estensione “lunghezza di libera inflessione”) tiene in conto tre diversi fattori. Il primo fattore è la presenza di ritegni torsionali che limitano la lunghezza libera della membratura. Di questo effetto l’Eurocodice esplicitamente non parla, limitandosi a chiarire che i valori di lef sono dati per membrature torsionalmente vincolate agli estremi. Se sono presenti ulteriori ritegni torsionali intermedi è lecito assumere, comunque, una lunghezza di riferimento di partenza diversa da quella della membratura, intendendo per tale lunghezza di riferimento la distanza tra due ritegni torsionali successivi.
Il secondo fattore è la distribuzione di momento flettente lungo la membratura. Nella tabella che precede si ha un quadro di alcune delle situazioni elementari possibili, secondo Eurocodice 5, nell’ipotesi di vincoli con ritegno torsionale e laterale. Il terzo fattore è la posizione del carico, se al di sopra del baricentro (effetto instabilizzante) o al di sotto (effetto stabilizzante). Secondo l’Eurocodice i valori della tabella precedente, validi per carichi applicati nel baricentro, possono essere modificati come segue nel caso in cui il carico sia applicato all’estradosso o all’intradosso. Se il carico è applicato al bordo compresso la lunghezza efficace deve essere aumentata di 2H, ove H è l’altezza dell’elemento. Se il carico è applicato al bordo teso la lunghezza di libera inflessione Lef deve essere ridotta di 0.5H. Tale prescrizione non sembra corretta poiché nel caso di una mensola l’effetto instabilizzante maggiore si ha quando il carico è in alto, dove è presente il lato teso. Infatti la modifica rispetto al caso di carico applicato nel baricentro è dovuta al fatto che nel caso in cui il carico sia più in alto (ammettendo un carico verticale verso il basso) tale carico è instabilizzante, mentre nel caso in cui sia in basso il carico stesso è stabilizzante. Non a caso, ci pare, in [6] viene riportata una tabella dove si parla di carico “all’estradosso” “a metà altezza” e “all’intradosso”. Pertanto diremmo che la prescrizione dell’Eurocodice debba essere modificata così: se il carico è stabilizzante (intradosso per carichi verticali verso il basso) allora la lunghezza efficace può essere ridotta di 0.5H; se il carico è instabilizzante (estradosso per carichi verticali agenti verso il basso) allora la lunghezza di libera inflessione deve essere aumentata di 2H. Per maggior completezza riportiamo anche la tabella proposta in [6].
In questa tabella non è però comprensibile perché nel caso della mensola il coefficiente non dipenda dalla posizione del carico. Bisogna dire a riguardo di queste tabelle, che, oltre a lasciare non pochi dubbi, queste non coprono assolutamente la maggioranza dei casi possibili, poiché nell’analizzare le combinazioni i diagrammi di momento non saranno mai quelli tabellati, ma saranno molto più complessi e generici. Queste tabelle sono utili in casi elementari o resi tali da significative semplificazioni che potrebbero rendere la maggior precisione illusoria. Allora sarebbe molto più utile pervenire, dopo attenti studi e calibrazioni, a formule chiuse che impieghino genericamente il momento massimo, il momento medio e così via, come ad esempio molto efficacemente fatto nelle norme CNR 10011 [19]. In alternativa si dovrebbe, a parere di chi scrive, pervenire a formule a favore di sicurezza da usare indiscriminatamente senza distinguere le varie situazioni se non per il vincolo. Ad oggi questo stesso problema si trova in Eurocodice 3 [20], dove anzi, per le strutture in acciaio, il problema è ancor più sentito.
Una volta calcolata la snellezza relativa si può calcolare il fattore Kcrit che riduce la resistenza di progetto a flessione:
Eurocodice 5
Compressione o presso-flessione
Queste verifiche tengono in conto lo sbandamento per pressoflessione (instabilità euleriana). Le formule sono in sé simmetriche e quindi non è necessaria alcuna correzione o generalizzazione. Sono le formule presenti nel par 6.3.2 e numerate 6.23 e 6.24 nell’Eurocodice.
Flessione o presso-flessione
Questa formula tiene in conto sia il caso di presso flessione. La formula si riferisce allo sbandamento flessionale (svergolamento) ed ipotizza implicitamente che questo avvenga necessariamente per flessione attorno all’asse y (asse 2 in CESCOPLUS). Poiché in generale ciò non è vero (data la possibilità di orientare l’asta come si vuole), la formula originaria deve essere sostituita da due formule nelle quali il possibile svergolamento avvenga sia secondo l’asse y (2) sia secondo l’asse z (3). Pertanto la formula originaria (par. 6.3.3 equazione 6.35)
Deve essere sostituita dalle due seguenti, in cui si è aggiunto un pedice a Kcrit per far capire che questo si può in generale riferire a due flessioni diverse:
Nelle formule che precedono si ipotizza implicitamente che lo svergolamento debba avvenire impegnando la sezione sull’asse di maggior resistenza flessionale, come avviene nelle sezioni rettangolari, in modo che l’altro asse sia utilizzato per lo sbandamento euleriano in quanto di minor inerzia. Poiché in generale non sembra che ciò possa sempre considerarsi verificato le formule da verificare dovrebbero essere a parere di chi scrive le seguenti:
Tali formule sono state implementate nel programma di verifica. E’ da notare che nel caso di sezione rettangolare esse equivalgono a quelle formalmente presenti in Eurocodice 5.
Lo sfruttamento finale sarà dato dal maggiore dei due sfruttamenti. In caso di presenza di trazione una interpretazione letterale della norma potrebbe far credere che non sia necessario alcun controllo di svergolamento. Chi scrive non ritiene che questo sia corretto, poiché deboli trazioni possono egualmente consentire il fenomeno dello svergolamento. Pertanto, a favore di sicurezza, in caso di trazione verrà controllato dal programma il solo termine flessionale, secondo le formule: Ove si voglia rendere ininfluente tale verifica basterà azzerare il coefficiente di libera inflessione per lo svergolamento. In questo modo è stato realizzato il programma di verifica allegato.
Documento Nicole (e per estensione, NTC)
Nel documento NICOLE si verifica lo sbandamento euleriano e quello flessionale mediante una unica formulazione, con termini accoppiati. Il documento NICOLE non è mai stato ufficialmente approvato, e purtroppo girano varie versioni non sempre identiche tra loro. Chi scrive ha chiesto e prontamente ottenuto dal Centro di Documentazione dell’IVALSA-CNR il documento NICOLE (in una versione che sembra essere del 2001). Tale documento però riporta formule di stabilità differenti da quelle indicate, sempre per la norma NICOLE nella recente pubblicazione [7]. Poiché si ritiene attendibile la fonte [7], si riportano nel seguito le formule là indicate come “NICOLE e DIN 1052”.
Queste formule, palesemente, ipotizzano che lo svergolamento possa avvenire solo attorno all’asse y (asse 2, asse “forte”). In realtà, in generale non si sa quale sia l’asse più pericoloso per il fenomeno dello svergolamento (in certe sezioni composte deve essere verificato secondo entrambi gli assi), e quindi le formule precedenti si devono sdoppiare, dando luogo alle formule seguenti, materialmente implementate all’interno del programma:
Le norme [1] NTC non dicono nulla a riguardo delle formule di verifica a stabilità. Si è scelto di farle funzionare nel programma di verifica in accordo a quanto previsto dalle norme NICOLE e DIN1052:2004, così come descritte nel testo [7].
Le verifiche Generalità
La esecuzione delle verifiche richiede la conoscenza di alcuni concetti indispensabili al fine di evitare qui pro quo od omissioni che potrebbero portare a risultati significativamente sbagliati. Premesso che nessun programma può sostituirsi al progettista, è pur vero che, quando correttamente impiegati, i programmi possono sgravare il progettista da una mole notevole di operazioni matematiche, consentendogli di mettere meglio a fuoco certe problematiche magari inizialmente incerte (ad esempio se sia più severa una verifica agli SLE od agli SLU). Le principali avvertenze riguardano le verifiche di stabilità, ed a queste è dedicato il paragrafo successivo. Per quanto riguarda le verifiche di resistenza, occorre comprendere a fondo le formule che sono state illustrate nel cap. 2, e soprattutto comprendere l’interpretazione che di queste formule ha dato l’autore del software di verifica e di questo testo. In particolare, si tenga presente che le verifiche sono verifiche con domini limite semplificati e non verifiche alle tensioni. La definizione delle combinazioni di verifica è ovviamente molto importante. E’ compito dell’analista definire correttamente sia le combinazioni per gli stati limite ultimi che le combinazioni per gli stati limite di servizio. Normalmente le verifiche vengono eseguite per sezioni standard (che per il legno sono sezioni circolari piene o sezioni rettangolari) e con materiali standard (ovvero i materiali codificati reperibili nell’archivio). Esistono però casi in cui si desidera eseguire verifiche su sezioni non standard o con materiali non standard. A questi due problemi sono dedicati i paragrafi 3.9.3 e 3.9.4.. Relativamente alle verifiche di deformabilità si ricorda che è conveniente spezzare gli elementi inflessi in più sotto elementi, al fine di calcolare correttamente gli effetti della deformabilità per taglio. La suddivisione di elementi esistenti non comporta la perdita delle informazioni relativamente alle membrature. Per la esecuzione delle verifiche è indispensabile che ogni caso di carico riceva una classe di durata, ad eccezione dei casi di carico etichettati “GRAVITA’”. Pertanto i nomi dei casi di carico devono sempre terminare con la appropriata classe di carico (cfr. tab. 2.6). Esperimenti numerici diversi, fatti variando le classi di durata dei carichi, possono essere semplicemente ottenuti modificando il nome dei casi di carico stessi. In alternativa si possono salvare più modelli (file .sdc) per ogni esperimento numerico necessario. Oltre alla determinazione della classe di durata di ciascun caso di carico, è necessario scegliere la classe di servizio (ovvero la umidità dell’ambiente nel quale la struttura si troverà ad operare). Ciò si fa, come già chiarito, con il comando Post-Verifiche-Imposta. Come abbiamo visto, il programma può eseguire le verifiche sia in accordo all’EC5, sia in accordo alle norme NICOLE, sia in accordo alle NTC (con tutti i chiarimenti del caso). Il tabulato .wit cambierà a seconda della norma che si è scelto di adottare. Come chiarito nel testo, non vi sono modifiche sostanziali agli algoritmi, ma vi sono modifiche di nomenclatura e nei valori di certi coefficienti. Nella definizione delle classi di servizio e di carico si dovrà usare la terminologia dell’Eurocodice 5, sarà poi il programma a fare le conversioni del caso. Peraltro l’uso di una terminologia coerente con quella delle NTC (applicando le modifiche a priori) non porta ad avere errori.
Le verifiche a stabilità
Le verifiche a stabilità richiedono la determinazione, da parte del progettista, delle membrature che sbandano o svergolano, e la determinazione dei coefficienti di libera inflessione, che di default sono eguali a 1. La determinazione delle membrature si sviluppa in fase di descrizione della mesh. Ogni ramo aggiunto con i comandi di aggiunta comporta una nuova membratura. Viceversa la suddivisione di un ramo esistente non comporta l’aggiunta di membrature. Pertanto se si deve definire ad esempio una trave inflessa (e perciò soggetta allo svergolamento) con un carico concentrato in mezzeria, sarà necessario dapprima aggiungere la membratura intera, poi suddividerla mediante il comando Edit-Rami-Dividi o Edit-Rami-Spezza. Se viceversa si aggiungono due rami, ciascuno di lunghezza pari alla metà della lunghezza della membratura complessiva, allora si avranno due membrature, ciascuna di lunghezza pari alla semi lunghezza della membratura desiderata. Figura 5 Integrrogazione dei rami con stampa del numero e della lunghezza della membratura a cui appartiene il ramo corrente. Il numero totale di membrature presente nel modello è reperibile dal comando Interroga-Dati Generali. Per conoscere il numero di ciascuna membratura si può richiedere al programma la numerazione delle membrature (Mostra-Numerazione Membrature) oppure interrogare i rami. Nella finestra “Snellezze” è dato per il ramo corrente il numero della membratura di appartenenza e la sua lunghezza (fig. 45. In questa figura è anche visibile la numerazione delle membrature e quindi il fatto che la trave è stata definita aggiungendo due rami. Analoga mesh si sarebbe potuta ottenere dividendo in due un ramo esistente, ma in tal caso ci sarebbe stata una unica membratura lunga 4000 mm e non due lunghe ciascuna 2000 mm). La definizione dei coefficienti di libera inflessione è fondamentale ai fini delle verifiche. Benché il programma sia un programma piano (e quindi non esista né la torsione né la flessione fuori piano), è necessario definire sia il comportamento a svergolamento, sia il comportamento a instabilità fuori piano. Figura 6 Dialogo coefficienti di libera inflessione Ciò si fa definendo i tre coefficienti di libera inflessione seguenti: β1=betaSV per lo svergolamento β2=betaP per lo sbandamento nel piano β3=betaF per lo sbandamento fuori piano
Se il coefficiente β viene posto eguale a zero il corrispondente meccanismo instabile è considerato impedito. Nella definizione dei valori dei coefficienti di libera inflessione occorre tener conto non solo dello schema di vincolo, ma anche della distribuzione delle azioni interne e del posizionamento del carico sull’elemento.
Verifiche di sezioni generiche
Una sezione di tipo non standard richiede informazioni aggiuntive per essere verificata in modo automatico. Ai fini del solving (calcolo delle azioni interne e delle deformazioni) è sufficiente fornire i momenti di inerzia, le aree e poco più (i moduli di resistenza possono fornire i valori delle tensioni di flessione). Ciò si fa con il comando Edit-Applica Sezione, scegliendo le sezioni generiche (cfr. fig. 20). Queste informazioni non sono tuttavia sufficienti per eseguire le verifiche. Per tale ragione, esiste un file di testo, contenuto nella cartella di installazione del programma, denominato “Wooddata.txt”. Questo file contiene, tra le altre cose, una serie di blocchi di dati atti a descrivere il modo in cui verificare le sezioni non standard. In generale, se nel modello compare una sezione il cui nome compare anche nel file “WoodData.txt”, allora le verifiche su quella sezione saranno eseguite mediante i parametri descritti nel file, abnche se si tratta di una sezione standard. Se invece il nome della sezione non compare nel file e la sezione è una sezione standard, allora essa sarà verificata automaticamente dal programma. Se invece il nome della sezione non compare e la sezione non è una sezione standard, allora questa sezione non sarà sottoposta a verifica e così tutti gli elementi che la impiegano. Il blocco di istruzioni da dare nel file è il seguente:
_SHAPE Trapezio ; shape name this shape 'Trapezio' equivalent to exemplum 3 42000. 1. 28662. 1. 1698666.875 1. ; A WV2 WV3 W1 W2 W3 280. 200. 200. 299760000. 264237072. 87500000. ; H2 H3 Width Jt J2 J3 _ENDSHAPE
ed è quindi compreso tra _SHAPE ed _ENDSHAPE.
Nella prima riga dopo _SHAPE si dà il nome del profilo; Nella seconda riga si dà:
Questi dati servono ad eseguire le verifiche, e sono in parte ripetuti rispetto a quelli usati per il calcolo per consentire di “pilotare” le verifiche nel modo desiderato. Nell’ambito d’uso del programma dei dati precedenti serve solo A, WV3 e W2 (il programma verificatore è più generale e serve anche contesti tridimensionali).
Nella terza riga si dà:
I valori H2, H3 e Width, servono per valutare se modificare le tensioni caratteristiche con l’effetto volume.
I dati devono essere forniti nella unità attiva, di solito mm ed unità derivate. In alternativa è possibile cambiare l’unità di misura con la stringa _UNIT come chiarito nel file stesso.
Verifiche di materiali non presenti in archivio
E’ possibile verificare elementi aventi un materiale non standard ma questo deve essere aggiunto alla lista dei materiali presenti nel file “WoodData.txt”. Perché un elemento possa essere verificato è indispensabile che il materiale di cui è costituito, individuato univocamente dal suo nome, sia presente nel file “WoodData.txt”. La stringa di dati da aggiungere è la seguente:
HK27 1 27. 16. 0.5 22. 3.3 2.7 11500. 7900. 460. 800. 430. 490.
Nel quale sono inseriti nell’ordine, come spiegato nella legenda presente nel file stesso, i seguenti dati, nelle unità di misura attive:
Dopo aver aggiunto un materiale occorre incrementare il numero totale di materiali modificando la seguente zona del file:
_MATERIALS 27 ; the total number of materials to be read
Si raccomanda di evitare caratteri di controllo speciali.
Figura 7 Estratto di “Wooddata.txt”
Come si vede dalla figura precedente, i vari campi devono essere separati da tabulazioni. Si consiglia di duplicare una riga e di sovrascrivere i dati di interesse.
Il nome del materiale presente nel file deve essere rigorosamente lo stesso definito mediante il dialogo di figura 16. La definizione dei dati del materiale nel dialogo 16 è indipendente dalla definizione dei dati nel file “WoodData.txt”. Mentre quest’ultima serve solo alla esecuzione delle verifiche, la prima viene usata per eseguire il solving, in sostanza individua gli elementi finiti necessari ad eseguire il calcolo prima delle verifiche.
Il tabulato
Se è attiva la norma “Legno” verrà creato un tabulato con estensione “.WIT” (italiano) o “.WEN” (inglese) . Nel seguito supporremo che l’estensione sia “wit”. Nel file .wit sono contenuti sia i risultati delle verifiche, sia una serie di risultati intermedi, sia una serie di dati di partenza (ad esempio quelli sui materiali) tipici del verificatore. Scelta la norma viene scelta la estensione del tabulato, che è quindi unico. Il file .wit include anche tutte le parti generali create da wprint.exe e, in coda, ciò che in CESCOPLUS è il solo file .wit.
Di seguito un esempio completo di un tabulato per la parte specifica del legno, limitato ad una struttura di una sola asta.
################################################################################ # # # # # Eurocode5 and N.I.CO.LE standards Automatic Checker # # # # Vers. 8.20 - Copyright (c) 1991-06 Castalia srl. Tutti i diritti riservati. # # # ################################################################################
------------ GENERAL DATA ------------
Structure service class : 3
------------ MATERIAL STIFFNESS DATA ------------
Num Name Class E0mean E90mean E005 Gmean
1 woodC14 0 7.000E+03 2.300E+02 4.700E+03 4.400E+02
------------ MATERIAL STRENGTH DATA ------------
Num Name fm0k ft0k ft90k fc0k fc90k fvk
1 woodC14 1.400E+01 8.000E+00 4.000E-01 1.600E+01 2.000E+00 1.700E+00
------------ SHAPE DATA PART A ------------
Num Name Kind Sizes
1 RECT350x400 Rectangular: (B, H) = 3.500E+02 4.000E+02
------------ SHAPE DATA PART B ------------
Num Name A WV2 WV3 W1 W2 W3
1 RECT350x400 1.400E+05 9.333E+04 9.333E+04 1.071E+07 9.333E+06 8.167E+06
------------ SHAPE DATA PART C ------------
Num Name Width Depth M2 Depth M3 Jt J2 J3
1 RECT350x400 4.000E+02 4.000E+02 3.500E+02 2.719E+09 1.867E+09 1.429E+09
------------ EULER BUCKLING DATA ------------
Beam Section Lam2rel Lam3rel Kc2 Kc3
1 RECT350x400 9.650E-01 0.000E+00 7.152E-01 1.000E+00
------------ FLEXURAL BUCKLING DATA ------------
Beam Section Lam12rel Lam13rel Kcrit2 Kcrit3
1 RECT350x400 3.025E-01 2.647E-01 1.000E+00 1.000E+00
------- RISULTATI DELLE VERIFICHE: INVILUPPO SULLE CONDIZIONI DI CARICO --------
-------------------------------------------------------------------------------- | | | | | LEGEND | | | | | | Beam ........ Beam number | | Truss ....... Truss number | | K_Res ....... Maximum resistance exploitation factor: ok if < 1.000 | | CB_Res ...... Combination associated to K_Res | | N_Sec ....... Section inside beam where K_Res was computed | | Nv_Res ...... Check number for resistance | | 1 compression | | 2 tension | | 3 bending | | 4 shear | | 5 torsion | | 6 axial force plus bending | | 7 shear force plus torsion | | | | | | | | | | | | K_St ........ Maximum stability exploitation factor: ok if < 1.000 | | CB_St ....... Combination associated to K_Stab. | | Nv_St ....... Check number for stability with the following meaning: | | 1 Ec5: compression 6.23 | | 2 Ec5: compression plus bending 6.23 | | 3 Ec5: bending 6.33 | | 4 Ec5: bending plus compression 6.35 | | | | | | | | | | | | | | | | | | K_Max ....... Maximum of K_Res and K_St | | | --------------------------------------------------------------------------------
Trave K_Res CB_Res N_Sez Nv_Res K_St CB_St Nv_St K_Max
1 2.273 7 1 6 2.152 8 2 2.273
------------- RISULTATI DELLE VERIFICHE: INFORMAZIONI ANALITICHE ---------------
-------------------------------------------------------------------------------- | | | | | LEGEND | | | | | | Beam ........ Beam number | | Truss ....... Truss number | | CB .......... Combination number | | Kr .......... Resistance exploitation factor | | Ns .......... Section number in which Kr was computed | | Nr .......... Resistance check code: | | 1 compression | | 2 tension | | 3 bending | | 4 shear | | 5 torsion | | 6 axial force plus bending | | 7 shear force plus torsion | | | | | | | | | | | | Kst ......... Stability exploitation factor | | Nst ......... Stability check code: | | 1 Ec5: compression 6.23 | | 2 Ec5: compression plus bending 6.23 | | 3 Ec5: bending 6.33 | | 4 Ec5: bending plus compression 6.35 | | | | | | | | GM ........ Gamma M for this element & combination | | kmod ........ kmod for this element & combination | | ft0d ........ Design maximum tensile stress (0 degrees) | | fc0d ........ Design maximum compressive stress (0 degrees) | | fmd2 ........ Design maximum bending (axis 2) stress (0 degrees) | | fmd3 ........ Design maximum bending (axis 3) stress (0 degrees) | | fvd ........ Design maximum shear stress | --------------------------------------------------------------------------------
Beam CB Kr Ns Nr Kst Nst GM kmod ft0d fc0d fmd2 fmd3 fvd
1 1 0.18 1 3 0.18 3 1.30 0.50 3.077E+00 6.154E+00 5.385E+00 5.385E+00 6.538E-01 1 2 0.89 1 1 1.25 2 1.30 0.65 4.000E+00 8.000E+00 7.000E+00 7.000E+00 8.500E-01 1 3 2.11 1 2 0.00 2 1.30 0.55 3.385E+00 6.769E+00 5.923E+00 5.923E+00 7.192E-01 1 4 0.77 1 3 0.77 3 1.30 0.65 4.000E+00 8.000E+00 7.000E+00 7.000E+00 8.500E-01 1 5 1.56 1 6 2.01 2 1.30 0.65 4.000E+00 8.000E+00 7.000E+00 7.000E+00 8.500E-01 1 6 0.93 1 6 1.39 2 1.30 0.65 4.000E+00 8.000E+00 7.000E+00 7.000E+00 8.500E-01 1 7 2.27 1 6 0.16 3 1.30 0.55 3.385E+00 6.769E+00 5.923E+00 5.923E+00 7.192E-01 1 8 1.70 1 6 2.15 2 1.30 0.65 4.000E+00 8.000E+00 7.000E+00 7.000E+00 8.500E-01 Figura 8 Tabulato .wit
Dopo la definizione della classe di servizio (dalla quale dipendono i risultati delle verifiche) il tabulato dà una serie di informazioni relative alle caratteristiche del materiale. Il programma reperisce queste informazioni nel file “wooddata.txt”. In seguito vengono chiariti per ogni forma sezionale i dati di calcolo impiegati per la esecuzione delle verifiche. Tali dati di calcolo possono essere calcolati in automatico (forme sezionali tipo rettangolare o circolare piena) o possono essere forniti manualmente al programma per qualsiasi tipologia sezionale, insegnando così al programma come fare ad eseguire le verifiche. In particolare vengono forniti i moduli di resistenza per ciascuna delle componenti di sollecitazione ed i momenti di inerzia necessari al calcolo del comportamento a instabilità. E’ da notare che la formulazione del Jt della sezione rettangolare è diversa tra verificatore e solutore. E’ sempre possibile adoperare i dati desiderati pur di fornirli al programma. La sezione successiva si riferisce all’instabilità euleriana (compressione, pressoflessione). Vengono fornite le snellezze adimensionali ed i fattori riduttivi per le tensioni di compressione, in ciascuno dei due possibili piani di sbandamento. Si noti a questo riguardo, che l’asse locale “2” giace nel piano dello schermo, mentre l’asse locale “3” è ad esso perpendicolare. Nella sezione ancora successiva si danno delle informazioni relative alla instabilità flessionale (lo svergolamento). In particolare viene fornito il valore di Kcrit. La sezione successiva dà i valori dei coefficienti di sfruttamento di inviluppo, ovvero il peggio al variare delle combinazioni, sia per la resistenza che per la stabilità. Infine, l’ultima sezione fornisce i risultati “analitici”, ovvero elemento per elemento e combinazione per combinazione. In questa ultima sezione viene anche riepilogato il coefficiente γM ed il coefficiente Kmod, che, come è noto, dipende dalla combinazione.
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