Come… creare i modelli FEM degli aggregati o dell'intero nodo (MCOFEM Multiple Constituent Finite Element Model o PFEM, Pure Finite Element Model)

 

 

La creazione automatica dei modelli agli elementi finiti (FEM) degli aggregati (MCOFEM, multiple constituents finite element models) è stata aggiunta in CSE a partire dalla versione 5.0 rilasciata nel febbraio 2013, e rappresenta un traguardo molto importante. In pratica, mentre sino alle versioni precedenti si poteva soltanto eseguire la modellazione FEM di singoli componenti, eventualmente con i loro irrigidimenti, con la versione 5.0 e grazie al comando Crea e Analizza Modello FEM è possibile creare il modello FEM di un qualsiasi insieme di componenti (aggregato), o, al limite, dell'intero nodo.

 

Il funzionamento e la logica di una tale modellazione automatica sono necessariamente piuttosto complessi, e qui verranno descritti in modo approfondito.

 

 Per prima cosa la scelta dei componenti da modellare viene fatta selezionandoli. Il modello FEM dell'aggregato (MCOFEM) includerà tutti e soli i componenti scelti.

 La selezione degli unitori non rileva, infatti questi verranno inclusi o meno nel modello secondo un criterio ben preciso:

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Fig. (a). Gli unitori rossi non sono saturati, quelli verdi sono saturati

 

1.Se un unitore è saturato, ovvero se tutti gli oggetti che connette fanno parte del modello, ovvero se tutti gli oggetti a cui l'unitore si connette sono stati selezionati, allora l'unitore (saldatura o bullonatura) viene modellato con degli elementi finiti che connettono le parti da esso connesse.

2.Se l'unitore non è saturato esso non viene incluso nel modello mediante elementi finiti, ma viene incluso nel modello mediante le forze che questo trasmette agli elementi inclusi nel modello a questo unitore collegati. Tali forze sono quelle calcolate in precedenza quando sono state eseguite le verifiche sul Renodo, e, mediante il principio di azione e reazione, vengono applicate con il verso cambiato ai componenti. Il programma garantisce la perfetta coerenza tra le forze applicate nel modello MCOFEM a simulare gli unitori, e le forze utilizzate nelle verifiche per verificare gli unitori stessi. Tali forze sono calcolate a partire dalle sollecitazioni sui layout (azione assiale, tagli e momenti) sino a giungere alle forze elementari agenti sui singoli bulloni e cordoni, mediante regole coerenti con quelle previste dalle normative.

3.Dalla versione 5.91 in poi, anche i layout di saldature non saturati sono modellati mediante elementi finiti (non le bullonature). Questi elementi sono beam rigidi fittizi posizionati lungo i cordoni, e che esercitano l'azione irrigidente dei componenti non modellati nel modello FEM (ovvero degli altri componenti saldati al componente studiato). In questo modo la distribuzione degli sforzi è più realistica e così il campo di spostamenti (si veda la figura).

 

 

Se gli unitori sono saturati essi vengono inclusi nell'MCOFEM come elementi, e quindi potrebbero scambiare delle forze differenti da quelle calcolate nel corso delle verifiche, che modellano i layout complessivamente.

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Figura (b). Modellazione di saldature saturate (qui a cordoni d'angolo).

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Figura (b2) Modellazione di saldature non saturate (dalla versione 5.91 in poi)

 

Le saldature saturate vengono modellate con elementi beam rigidi lungo lo sviluppo della linea d'asse del cordone, nel modo chiarito dalla immagine precedente. Una siffatta modellazione schematica garantisce il passaggio di tutte le necessarie forze, ma non tiene conto della deformabilità del cordone. Modellazioni più sofisticate dovrebbero includere elementi solidi, ma sembrano al momento troppo onerose in termini computazionali per poter essere proposte come strumento standard di analisi. Sono allo studio modalità di modellazione semplificate che tengano meglio conto della deformabilità dei cordoni.

 

Le bullonature saturate vengono modellate con elementi beam (non rigidi) in relazione con ciascun bullone.

Se la bullonatura è solo a taglio, l'area dell'elemento beam che simula il bullone è molto piccola, e così la rigidezza assiale. Il momento di inerzia della sezione dell'elemento beam che simula il bullone è quello del gambo.

Se invece la bullonatura non è solo a taglio, allora la sezione dell'elemento beam coincide con quella del gambo del bullone.

 

I beam sono incastrati nelle piastre che collegano e quindi il bullone può anche prendere momenti flettenti.

 

Un caso del tutto a sé sono le bullonature che usano una superficie di contrasto. Per poter modellare tali bullonature in modo approfondito, occorre aggiungere un insieme di elementi "di contatto" no-tension tra le due o più superfici in contatto unite dalla bullonatura, ed eseguire necessariamente una analisi non lineare con nonlinearità di contatto attivata (si veda come... eseguire analisi fem nonlineari). Tale tipo di analisi è disponibile dalla versione 5.80 di CSE, attivando l'opzione non linearità di "contatto" nel dialogo con le impostazioni relative alla analisi non lineare. Quando questa opzione non è impostata o quando è eseguita una analisi lineare, le bullonature con contrasto saturate non vengono modellate cone elementi finiti di connessione, ma invece mediante le forze che esse scambiano con i componenti collegati. Per tale motivo, la presenza di una bullonatura con contrasto saturata implica in questi casi una discontinuità di connessione nel modello fem dell'aggregato, una discontinuità di connessione che dovrà essere opportunamente tenuta in conto mediante il vincolamento della parte che resta libera. Nel caso invece in cui sia fatto un calcolo non lineare con non linearità di contatto attivata, allora la discontinuità non esiste.

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Fig. (c). Modellazione di un complesso aggregato (dettaglio)

 

Si consideri ad esempio la figura precedente, che rappresenta la modellazione FEM di un complesso aggregato di elementi che non usano la opzione relativa alla non linearità di contatto.

 La membratura m1, passante, è vincolata ai suoi estremi e rappresenta la parte fissa alla quale si vincolano tutti gli altri oggetti, incluse le membrature.

 Le membrature m3 ed m4, sono effettivamente collegate a m1 nell'MCOFEM, in quanto vi sono diversi unitori saturati espressamente modellati con elementi finiti, sono gli unitori all'interno degli ovali in colore rosso (una bullonatura priva di contrasto e una saldatura). Tali membrature non necessitano di vincoli ulteriori rispetto a quelli presenti su m1.

 La membratura m2 sarebbe collegata a m1 mediante una bullonatura saturata (che sarebbe entro l'ovale nero), ma siccome tale bullonatura saturata usa una superficie di contrasto, essa non è stata modellata con degli elementi finiti, bensì con le azioni che questa scambia con la parte di sinistra (m2 e la sua piastra terminale di collegamento) e di destra (la membratura m1). Si veda a riguardo la immagine seguente.

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Fig. (d). Le bullonature con contrasto, benché saturate, non sono modellate con elementi ma con le azioni scambiate.

 

 Per tale motivo, la membratura m2 risulterebbe libera di muoversi, non essendo (più) fisicamente connessa ad m1. Dunque, come si vede nella figura c, su richiesta di chi ha chiesto la creazione del modello, la membratura m2 è stata vincolata all'estremo non connesso (pallini di colore magenta). In questo modo le azioni comunicate dalla bullonatura con contrasto alla membratura m2 genereranno in essa uno stato di sforzo (equilibrato con le azioni interne applicate) che sarà poi equilibrato dai vincoli applicati, sotto forma di reazioni vincolari.

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Fig. (e). Vincoli assegnati alle membrature (pallini magenta) in un complesso modello di aggregato.

 

 Dato che le membrature possono essere prive di vincoli in quanto fisicamente connesse (si veda ad esempio la situazione delle membrature m3, m4, m6 ed m7 nella figura che precede), per poter correttamente tenere in conto di ciò che le azioni interne provocano nei vari componenti, è necessario assegnare, all'estremo non connesso di ciascuna membratura (che sia vincolata o meno) un insieme di forze che siano capaci di provocare, nel punto di collegamento della generica membratura con il resto della struttura, le azioni interne di calcolo.

 Se la membratura non è vincolata tali azioni cercheranno di provocarne il distacco (m3, m4, m6 ed m7 in fig. e).

 Se la membratura è vincolata tali azioni si "fermeranno" in corrispondenza ai vincoli di incastro presenti sulla membratura (ad esempio membrature m2 ed m5 nella fig. e).

 Si consideri la membratura m5 della figura (e). Nel punto ideale O, corrispondente al nodo del modello agli elementi finiti, la membratura m5 riceve  delle azioni interne, azioni assiali, tagli e momenti. Tali azioni sono staticamente equivalenti ad altre azioni applicate nel punto P. Se si applicano queste azioni equivalenti nel punto P, nel punto O si leggeranno proprio le azioni di calcolo. Siano FO ed MO i vettori con le forze e le coppie scambiate da m3 con il resto della struttura nel punto O (azioni interne) espresse nel sistema di riferimento globale. Risulta

 

Il punto P è automaticamente posizionato a 100mm al di là dell'estremo non collegato di ciascuna membratura, lungo la sua linea d'asse, ed è collegato alla sezione non collegata al renodo della membratura in oggetto mediante un insieme di elementi beam rigidi che si occupano di trasferire le azioni dal punto P alla membratura stessa (i quali danno l'idea di un cono: si veda la figura precedente e la figura d per il cono visto in pianta di una membratura con asse normale al piano della figura). Se viene eseguita una analisi non lineare (indipendentemente dal tipo di nonlinearità attivata), le curve carico-spostamento relative al nodo corrispondente al punto P, per ogni membratura, saranno rese disponbili nell'esame di risultati con sargon Reader (si veda come... eseguire analisi fem nonlineari).

Le forze sono applicate all'estremo di tutte le membrature con la eccezione di quelle passanti, le quali sono normalmente vincolate in quanto master. Le azioni applicate cambiano da combinazione a combinazione, nel modello MCOFEM, e sono sempre equilibrate con le corrette azioni di calcolo.

 

 E' da notare che le azioni interne possono essere state considerate applicate:

1.agli estremi degli elementi FEM del modello di calcolo originario (si intende il modello a travi e bielle, non il modello MCOFEM, vale a dire il modello visibile nella Vista FEM); oppure

2.agli estremi degli oggetti tridimensionali che rappresentano le membrature nella scena.

 

Di conseguenza, il punto O può essere

 

1.o l'estremo dell'elemento beam o truss del modello FEM originario, eventualmente coincidente con il nodo se non sono presenti eccentricità rigide (vista FEM);

2.o l'estremo del solido che rappresenta la membratura nella vista Renodo.

 

Ciò corrisponde alle diverse scelte fatte in sede di esecuzione delle verifiche, si veda il flag Usa estremi degli elementi FEM nel dialogo di impostazione delle verifiche.

 

 La modellazione FEM degli aggregati lascia l'utente libero di scegliere le parti da modellare ed il modo in cui considerare il modello. Saturare un unitore vuol dire includerlo nel modello in modo esplicito come elementi finiti semplici, non saturarlo vuol dire considerare le azioni che questo scambia con la parte modellata, in modo coerente al calcolo di verifica eseguito in precedenza.

 Tra la modellazione FEM di singoli componenti e la modellazione FEM dell'intero nodo (ottenibile selezionando tutti i componenti) è possibile sceglere delle vie di mezzo selezionando solo delle parti e non altre. Nelle immagini seguenti, commentate, alcuni esempi di modellazione di aggregati.

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Questo nodo di base è stato ottenuto selezionando tutti i componenti ad eccezione del blocco vincolo (che non può essere selezionato). L'unica membratura (master) è stata vincolata all'estremo non collegato al renodo (in alto). Tutte le saldature sono saturate e quindi modellate esplicitamente. Le azioni applicate (qui non visibili) arrivano dal basso.

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Questo giunto di prosecuzione è stato qui modellato per intero. La membratura master è stata vincolata. La slave no. Tutte le bullonature sono saturate.

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Questo caso si riferisce allo stesso giunto di prosecuzione precedente, ma qui la membratura slave non è stata modellata. Le bullonature che connettono i piatti alla membratura slave, non modellata, risultano non saturate, e quindi modellate per mezzo delle azioni che esse scambiano con la parte modellata.

 

Nell'esaminare lo stato di sforzo nei modelli FEM si deve tenere presente una serie di fatti onde evitare di essere indotti in errore.

 

1.La presenza di eventuali picchi di tensione nei nodi dove sono applicate le forze dovute ai bulloni non deve essere considerata di per sé un problema dato che le verifiche di rifollamento sono già eseguite dal programma mediante le regole di normativa (che ammettono picchi di tensione di contatto ben superiori alla tensione di progetto).

2.La presenza di eventuali distacchi per block tear è già tenuta in conto dalle verifiche eseguite dal programma (se richieste). Per questa ragione, il fatto che i fori dei bulloni non siano al momento espressamente modellati non rappresenta normalmente un problema particolarmente forte.

3.Lo stato di sforzo delle membrature in prossimità del loro estremo non connesso al renodo (che sia vincolato o meno) non deve essere tenuta in conto, dato che le azioni interne presenti in quelle sezioni sono già state verificate quando sono state verificate le membrature, presumibilmente prima di iniziare il calcolo dei collegamenti. Invece, ciò che ha interesse, è lo stato di sforzo delle membrature nelle parti prossime alla zona collegata: in quelle zone, infatti, i risultati dipendono fortemente dal modo in cui la membratura risulta connessa.

4.Alle deformate dei modelli può doversi applicare una rotazione rigida (priva di sforzi aggiuntivi) al fine di ottenere una deformata fisicamente compatibile con la situazione reale. E' ad esempio così per i nodi di base, dove ad essere vincolato è l'estremo non connesso.

 

A partire dalla versione 5.8 il comando di modifica delle membrature consente di ridurre la lunghezza dei monconi delle membrature. Ai fini di una analisi agli elementi finiti ciò può avere importanza perché può ridurre il numero dei nodi e conseguentemente la ampiezza dei modelli di calcolo. Ai fini della analisi di buckling l'accorciamento dei monconi riduce la probabilità che questi diano luogo a deformate spurie a mensola in presenza di compressione. I monconi non devono tuttavia essere troppo corti onde non perturbare indebitamente lo stato di sforzo in prossimità dei collegamenti. Una lunghezza di moncone eccessiva può anche dare luogo a momenti flettenti eccessivi all'estremo non connesso, dato che lo stato di sforzo lungo la membratura è ricostruito a partire dalle azioni interne all'estremo connesso, trascurando l'effetto dei carichi trasversali.

 

Osservazione:

Nelle versioni di CSE precedenti la 8.0, il modello MCOFEM era chiamato AFEM, aggregate FEM. Il termine MCOFEM, comunque, è stato usato nel libro Steel Connection Analysis, e quindi la nomenclatura in CSE è stata aggiornata.

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